INDICE
LE FASI DESCRITTE NEL NUOVO ART. 193
LE PRINCIPALI DIFFERENZE CON IL REGIME PREVIGENTE
IL SUPERAMENTO DEL VUOTO NORMATIVO
CRITICITÀ OPERATIVE DELLA NUOVA VALUTAZIONE COMPARATIVA
L’IMPATTO SUI TEMPI PROCEDURALI
CONCLUSIONI
Il c.d. Correttivo (D. Lgs. 209/2024) ha integralmente sostituito l’art. 193 del DLgs 36/2023, ridisegnando la procedura di finanza di progetto e (maggiore tra le novità) introducendo una fase obbligatoria di stimolo alla presentazione di proposte e valutazione comparativa di quelle pervenute, con l’intento di tutelare la concorrenza fin dallo stadio embrionale della procedura.
Analizzeremo la nuova disciplina, evidenziando come essa, da un lato, risolva una significativa incertezza giuridica pregressa e, dall’altro, introduca rilevanti complessità operative legate alla fase di valutazione preliminare.
LE FASI DESCRITTE NEL NUOVO ART. 193
Considerato che il Correttivo risulta ormai conosciuto ai più, elenchiamo per sommi capi le fasi introdotte con le modifiche all’art. 193:
- MANIFESTAZIONE DI INTERESSE PRELIMINARE (comma 2)
Un operatore economico può presentare una manifestazione di interesse preliminare per richiedere informazioni e dati. L’ente concedente valuta l’interesse pubblico e rende disponibili le informazioni a tutti gli interessati. - PROPOSTE A INIZIATIVA PRIVATA (comma 3)
Gli operatori economici possono presentare proposte per la realizzazione di lavori o servizi in concessione. L’ente verifica l’interesse pubblico, pubblica la proposta e fissa un termine (minimo 60 giorni) per la presentazione di proposte concorrenti. Entro 45 giorni dalla scadenza, l’ente seleziona comparativamente una o più proposte per la valutazione. - VALUTAZIONE DELLE PROPOSTE
L’ente comunica le proposte selezionate e invita i proponenti ad apportare modifiche se necessario. Può indire una conferenza di servizi preliminare. Se le modifiche non vengono apportate, le proposte sono respinte. La procedura di valutazione si conclude entro 60 giorni (prorogabili a 90) con provvedimento motivato, svolgendosi in forma comparativa in caso di pluralità di proposte. - GARA
Il progetto di fattibilità approvato viene posto a base di gara. I concorrenti presentano offerte, e l’ente redige una graduatoria, nomina l’aggiudicatario e approva i successivi livelli progettuali. - PRELAZIONE
Se il promotore non risulta aggiudicatario, può esercitare il diritto di prelazione, impegnandosi alle medesime condizioni dell’aggiudicatario. Se non esercita la prelazione, ha diritto al rimborso delle spese di predisposizione della proposta (max 2,5% del valore dell’investimento). Se esercita la prelazione, l’aggiudicatario originario ha diritto al rimborso delle spese documentate dell’offerta (entro gli stessi limiti). - PROPOSTE SU INIZIATIVA DELL’ENTE CONCEDENTE (commi 16 e 17)
L’ente può sollecitare, tramite avviso pubblico, la presentazione di proposte per interventi inclusi nella programmazione del partenariato pubblico privato. Gli operatori possono richiedere integrazioni documentali, che vengono rese pubbliche. L’ente valuta le proposte e pone a base di gara il progetto di fattibilità selezionato. Le fasi successive (valutazione, gara, prelazione, aggiudicazione e garanzie) seguono le disposizioni precedenti dell’art. 193.
LE PRINCIPALE DIFFERENZE COL REGIME PREVIGENTE
Le nuove disposizioni si applicano alle procedure avviate a partire dal 1° gennaio 2025. Per le iniziative presentate prima di tale data, continuano a valere le norme previgenti.
Le differenze più significative sono:
- Struttura della procedura
Si passa di fatto da un regime monoproponente in cui una singola proposta veniva posta a base di gara ad un regime multi-proponente con una competizione preliminare obbligatoria tra più proposte; o che, almeno, mette nelle condizione gli operatori di avanzare proposte alternative. - Reintroduzione della dimostrazione dei requisiti
Viene reintrodotto l’obbligo per il proponente di dimostrare, fin dalla presentazione della proposta, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale previsti per i concessionari. Questa previsione, assente nella prima versione del D.Lgs. 36/2023 ma presente nel D.Lgs. 50/2016, mira a garantire la serietà e l’affidabilità delle iniziative fin dalle fasi iniziali. - contenuti del Progetto di Fattibilità
Il nuovo art. 6-bis dell’Allegato I.7 infatti definisce il set documentale minimo dei progetti di fattibilità da allegare alle proposte, mettendo fine ai numerosi problemi che nascevano in sede di valutazione (e, al suo interno, di verifica ex art. 42) nel vecchio sistema, dove non era chiaro quale livello di approfondimento del progetto fosse necessario chiedere al proponente. - ritorno dell’iniziativa pubblica, presente nel codice del 2016 e che era scomparsa nel 2023.
IL SUPERAMENTO DEL VUOTO NORMATIVO
Fatta la premessa normativa, passiamo ad un’analisi critica del “nuovo” project financing.
Il merito principale e innegabile della riforma è l’aver colmato un vuoto normativo che in passato ha generato paralisi amministrativa e un elevato rischio di contenzioso. Nella vigenza del quadro normativo precedente, infatti, non era esplicitamente disciplinata l’ipotesi della presentazione simultanea di più proposte concorrenti.
Questa lacuna poneva le amministrazioni di fronte a una profonda incertezza giuridica: non esisteva una procedura definita per gestire tali situazioni, lasciando gli enti nel dubbio se applicare un criterio cronologico, tentare una comparazione informale priva di base giuridica o semplicemente attendere, con conseguente stallo dei procedimenti. Qualsiasi decisione era esposta a un concreto rischio di impugnazione.
Il nuovo art. 193, imponendo di fatto l’obbligo di una valutazione comparativa, fornisce finalmente una procedura definita e una chiara base giuridica. Pur presentando le criticità operative che saranno analizzate in seguito, la norma stabilisce un percorso certo, spostando i problemi sul piano operativo, più che su quello procedurale. Aver risolto l’incertezza sulla procedura da seguire rappresenta comunque un progresso per la funzionalità dell’istituto.
CRITICITÀ OPERATIVE DELLA NUOVA VALUTAZIONE COMPARATIVA
Nonostante il progresso in termini di certezza giuridica, la fase di valutazione comparativa presenta rilevanti complessità operative. La criticità non risiede nella discrezionalità amministrativa in sé – elemento fondamentale dell’azione pubblica – ma nelle condizioni in cui la norma ne impone l’esercizio.
1. L’esercizio della discrezionalità in una fase istruttoria non approfondita
Il problema è di natura temporale e istruttoria. La valutazione comparativa si colloca in una fase preliminare in cui l’amministrazione non ha ancora condotto un’analisi approfondita delle proposte. L’istruttoria è verosimilmente limitata a una verifica di coerenza generale, senza un esame dettagliato delle specificità tecniche o della robustezza del piano economico-finanziario (PEF), della convenzione degli elementi caratterizzanti la gestione.
Questi elementi saranno approfonditi nel momento in cui sarà definita la proposta “vincente”, quella che appare maggiormente rispondente all’interesse pubblico.
Non potrebbe essere altrimenti: una valutazione completa di tutte le proposte, chiederebbe tempi, impegno amministrativo, consulenti e soldi di cui l’Ente non dispone e che, aggiungo io, non è nemmeno giusto che vengano così impiegati.
L’ente deve quindi definire criteri e operare una scelta disponendo di un’informativa parziale, col rischio di fondare la decisione su elementi generali senza aver potuto apprezzare pienamente i meriti di ciascuna alternativa.
Ciò detto, sarà importante definire volta per volta criteri non irragionevoli, adeguati al contesto e non fondati esclusivamente su elementi di natura economica (soluzione già censurata dal Consiglio di Stato).
2. La difficoltà di differenziazione in settori a elevata standardizzazione
La problematica si acuisce in settori (come, ad esempio, la riqualificazione energetica o l’illuminazione pubblica), dove le soluzioni tecniche e i modelli di business tendono a una notevole standardizzazione. In tali contesti, le proposte sono spesso molto simili e l’ente si trova in un cul-de-sac procedurale: per differenziarle servirebbero criteri dettagliati, ma per definire criteri dettagliati servirebbe un’analisi approfondita che la fase preliminare non consente ancora di svolgere. Criteri generici rischiano di essere inefficaci, mentre criteri troppo specifici potrebbero essere considerati arbitrari o prematuri.
In questi casi, l’esperienza dell’Ente o dei consulenti può risultare un fattore decisivo, potendo contare su un bagaglio di conoscenze che consentono di definire, già in questa fase, un set di criteri ragionevoli e che consentano una scelta ragionata della “migliore” proposta
L’IMPATTO SUI TEMPI PROCEDURALI
Inevitabilmente, la forte anticipazione di momenti comparativi tra (potenziali) più proposte, comporta un allungamento significativo dei tempi della procedura.
Mentre prima la tempistica era segnata dalla sola fase di valutazione (con termine perentorio di 90 giorni), oggi assistiamo a più momenti (raccolta informazioni, presentazione proposta, avviso pubblico, comparazione, valutazione) con tempi dettati dalla norma: 60 giorni per la raccolta di eventuali nuove proposte; 45 giorni per la valutazione comparativa; 60 giorni (fino a 90) per la successiva valutazione finale della/e proposta/e.
Questo allungamento potrebbe infastidire il mercato. Vero è che il termine “perentorio” di 3 mesi, previsto dal previgente testo, era nella realtà largamente disatteso dagli enti concedenti. Anche perché, va detto, le conseguenze della mancata pronuncia nei tempi erano piuttosto blande.
Per cui, potrebbe bene avvenire, anzi, che mentre sulla carta i tempi appaiono maggiori, nella pratica questi addirittura si comprimano, rispetto a prima.
Potrebbe anche avvenire il contrario, vale a dire una sequenza di fasi che accumulano ritardi su ritardi…ce lo dirà la pratica, appunto. Confidiamo nella sensibilità degli enti, se non si vuole incorrere in una sorta di stanchezza e sfiducia del mercato su questo fronte; che, anzi, avrebbe bisogno di sempre maggiore fiducia e slancio.
CONCLUSIONI
La riforma dell’articolo 193 presenta una natura duale. Da un lato, costituisce un indubbio avanzamento, risolvendo il vuoto normativo sulla gestione di proposte concorrenti e rafforzando la certezza del diritto. Dall’altro, introduce una procedura di valutazione preliminare le cui criticità operative – esercizio della discrezionalità in una fase istruttoria prematura, difficoltà di differenziazione in settori standardizzati e dilatazione dei tempi – non possono essere sottovalutate.
Per assicurare che i benefici della maggiore concorrenza non siano vanificati da inefficienze procedurali, potrebbe essere auspicabile un intervento di soft law (es. linee guida ANAC) che fornisca alle stazioni appaltanti strumenti metodologici per gestire la nuova e complessa fase di comparazione.